
Locride, incassano pensioni dei morti: in dieci risarciranno l'Inps

Una storia che aveva nauseato un intero Paese. Persone senza scrupoli, pronte a lucrare persino sui morti. Una vicenda giudiziaria che segna un importante verdetto. Una sentenza che, nella Nazione dell’impunità, afferma come non sempre sia possibile farla franca. La Corte dei Conti ha condannato dieci imputati a versare all’Inps centocinquantaquattromila euro. Uomini e donne colpevoli di aver incassato pensioni di individui deceduti, residenti in alcuni comuni della Locride, in Calabria. L’inchiesta, portata avanti tre anni fa dalla guardia di finanza e denominata “Vita Eterna”, riguarda complessivamente tredici cittadini di Caulonia, Marina di Gioiosa Ionica, Grotteria, Portigliola, Monasterace e Stilo.
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La truffa era tanto efficace quanto piuttosto semplice: quando un parente passava a miglior vita, non veniva portata a termine la relativa segnalazione agli uffici competenti. Che, ignorando la morte del pensionato, continuavano ad erogare l’assegno mensile. Soldi che poi venivano incassati dai figli e dai nipoti. Le fiamme gialle riuscirono, nel 2019, ad aprire il vaso di pandora. I congiunti si recavano ogni santo mese a uno sportello bancomat e ritiravano tutto il denaro in contanti. Una prassi andata avanti per ben otto anni. Ovviamente il sistema si reggeva grazie alla complicità di alcuni dipendenti comunali e di medici necroscopi. I corpi dei morti venivano regolarmente tumulati in cimiteri della zona, ma tutto ciò avveniva senza comunicare alcunché all’Inps. Ovviamente questi onesti impiegati pubblici ricevevano dei “regali” per le loro “amnesie”.
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Le indagini portarono alla denuncia di quindici persone, che avevano percepito il denaro illegalmente e diciannove pubblici ufficiali. Gli uomini in divisa, grazie ad un dettagliato lavoro di pedinamento, riuscirono a filmare numerosi prelievi illegittimi. Fece scalpore il caso di una donna che, dal 2014 al 2018, aveva rubato oltre centomila euro. Oggi un’importante sentenza, un precedente che fa ben sperare. Perché obbliga questi truffatori a restituire i soldi pubblici, quelli cioè pagati dagli onesti cittadini con le proprie tasse, all'istituto di previdenza nazionale. Un pronunciamento, quello della Corte dei Conti, che rappresenta anche un avvertimento verso chi crede di poterla fare sempre franca: il vento è (forse) finalmente cambiato.
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CHRISTIAN CAMPIGLI