
Disturbi del comportamento alimentari, nei primi sei mesi di pandemia sono aumentati del 40%

Non è andato tutto bene. E, certamente, non ne siamo usciti migliori. A distanza di due anni, gli ottimistici propositi relativi al Covid e al lockdown sono, come si dice in gergo, scaduti male. Appaiono oggi grotteschi, come una mielosa e patetica lettera d'amore, scritta da un adolescente alla sua prima cotta. Tra le numerose conseguenze negative del Coronavirus, ve ne è una che non può essere sottovalutata: il clamoroso aumento di anoressia, binge eating e bulimia. Durante i primi sei mesi di pandemia, i casi di disturbi del comportamento alimentare sono aumentati del 40% rispetto al 2019. Nel primo semestre 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi episodi, contro i 163.547 del primo semestre del 2019. Il carico assistenziale nel 2020 ha toccato i 2.398.749 pazienti, un dato sottostimato poiché esiste, in questa patologia, una grande quota di persone che non si cura. Lo rilevano i dati analizzati dal Consorzio Interuniversitario Cineca e presentati questa mattina, in occasione della giornata nazionale del Fiocchetto Lilla.
Insulti alle ragazze del Centro disturbi alimentari: "Anoressiche di m****a"
“Durante la pandemia – afferma Laura Dalla Ragione, responsabile della Rete Disturbi Comportamento Alimentare della Usl 1 dell’Umbria, intervistata dall’agenzia di stampa AskaNews – le persone che soffrivano di un disturbo alimentare si sono aggravate. Magari hanno impiegato mesi per trovare il coraggio di chiedere aiuto o hanno aspettato mesi per un ricovero, aumentando il rischio di cronicizzazione o la ricaduta nel disturbo”. Il censimento, in continua evoluzione, consente anche di conoscere informazioni relative all’utenza assistita. Risultano in carico al 65% dei centri quasi 9.000 utenti (8.947), al 90% di genere femminile. Il 58% ha tra i 13 e i 25 anni, il 7% meno di 12 anni. Tra i casi rilevati, l’anoressia supera il 36,2%, la bulimia tocca il 17,9% e il disturbo di binge eating sfiora il 12,4%. Sono 1.099 i professionisti che lavorano nei centri: psicologi (21%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%).
Serata-evento della Fondazione Cotarella per presentare il progetto "Alimentarsi di vita"
“Facilitare la richiesta di aiuto e informare sull’assistenza sono gli obiettivi della mappatura dei centri – spiega Roberta Pacifici, responsabile del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Sanitario di Sanità – Il 30% della popolazione ammalata è sotto i 14 anni”. Dati allarmanti. Numeri che non possono essere sottovalutati. L’ennesima dimostrazione che l’assenza di contatto, di socialità e di scambio ha avuto delle conseguenze nefaste, soprattutto sui più giovani. Soggetti fragili, che oggi devono essere aiutati per superare un disturbo, quello alimentare, che può letteralmente rovinare loro l’esistenza.
Terrorismo, quattro arresti: "Finanziavano imam dell'Isis in Albania"