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Guerra, il bavaglio di Putin sull'informazione: carcere sino a 15 anni per chi divulga false notizie sull'esercito di Mosca

Pietro De Leo
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La Duma russa introduce una stretta all’informazione senza precedenti, rendendo operativa una legge in base a cui qualora un giornalista divulghi notizie ritenute false sull’esercito di Mosca rischia fino a 15 anni di carcere. Si tratta di una iniziativa che, di fatto, dà sostanza legislativa alla propaganda fin qui diffusa dal Cremlino, ossia che la cattiva cronaca dell’invasione sia imputabile non all’oggettività della sua barbarie, ma alle falsità diffuse dai media occidentali in accordo con il governo di Kiev. Questa nuova legge ha causato il ritiro immediato degli inviati di moltissime testate dal suolo russo. Dalla Rai a Mediaset, dall’Ansa alla Bbc e Bloomberg.

 

 

E tutto ciò avviene dopo l’inibizione di molti siti di informazione (la Bbc, per esempio) e il blocco di Facebook e twitter. Si tratta di una evoluzione significativa nella sua drammaticità, che segna l’ingresso del governo di Putin ad una dimensione autoritaria a quella, più grave, della dittatura. Che poggia la sua esistenza su alcuni pilastri, uno dei quali è proprio l’assenza di trasparenza. Abbiamo visto in Cina, con la diffusione del Covid, come si applichi questo principio. Ora lo ritroviamo in una Russia dove l’opinione pubblica, e anche qualche porzione di classe dirigente, si ritrova in una serpeggiante contrarietà alla guerra, oramai ragione fondante della sopravvivenza del grumo di potere putiniano, e la presenza di testate straniere (oltreché l’accesso ai social) può esercitare una leva sul malcontento.

 

 

Putin, con l’avvio e la conduzione dell’invasione e la gestione di tutte le dinamiche circostanti ha polarizzato il conflitto a tal livello da aver annullato qualsiasi tratto di complessità che la sua leadership, fino a poche settimane fa, poteva presentare. Oramai, lo schema è uno solo. Il bene contro il male. Per dirla con Nathan Sharansky, ebreo di origine ucraino che ha scritto un libro fondamentale per studiare i regimi contemporanei (In difesa della Democrazia), si tratta dello scontro tra “società libere e società della paura”.