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Licata, uccide fratello, cognata e nipoti per l'eredità. Poi il suicidio

Christian Campigli
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Una tragedia assurda. Una violenza cieca, che ha portato un uomo a sterminare la propria famiglia per futili motivi. Prima di togliersi la vita. Siamo a Licata, in provincia di Agrigento. Questa mattina Angelo Tardino, quarantotto anni, per ragioni legate ad un'eredità e alla divisione di alcuni terreni agricoli, ha ucciso il fratello Diego, la cognata Alexandra e i due nipotini, Alessia e Vincenzo, di undici e quindici anni, nella loro casa, nella zona periferica di via Rieti. L'assassino è montato poi sulla propria auto e si è dato alla fuga. E solo dopo essere stato rintracciato telefonicamente dai carabinieri, ha capito che il suo piano non aveva alcuna possibilità di riuscita. I militari hanno cercato di convincerlo a costituirsi, ma Tardino, forse per rimorso o semplicemente per paura, ha deciso di suicidarsi, sparandosi alla testa. In un primo momento gli inquirenti hanno pensato che fosse morto sul colpo, ma i sanitari che lo hanno soccorso hanno parlato di “morte cerebrale”. Il malvivente è quindi stato trasferito in elisoccorso all'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta, dove è deceduto qualche ora dopo.

 

 

A dare l’allarme sarebbe stata la moglie dell’assassino, che ha avvisato i carabinieri. Il quarantottenne, al termine di una lite per un'eredità contesa, per dei terreni lasciati dal padre defunto e coltivati a primizie, ha estratto la pistola e ha ucciso i suoi parenti. La pistola usata per la strage è una calibro nove, regolarmente detenuta dallo stesso Tardino. L'arma è stata sequestrata dagli inquirenti. I due fratelli, Diego e Angelo, gestivano insieme un'azienda agricola e, prima della strage di questa mattina, era accaduto più volte che i carabinieri fossero stati chiamati a intervenire, per sedare delle liti tra i due. Dissapori che andavano avanti da mesi. Visioni della vita e dell'azienda differenti. E due caratteri forti. Persone abituate al sacrificio, alla fatica e alla dedizione indispensabile per coltivare la terra. Uomini però che si accendevano per uno sguardo sbagliato o per una parola di troppo. I parenti dell'assassino e delle vittime si trovano ancora in caserma, per definire, anche nei dettagli, il movente della contesa.

 

 

Secondo il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che coordina le indagini insieme al sostituto Paola Vetro, il movente della strage sarebbe rintracciabile in questioni personali e patrimoniali. Il quadruplice omicidio si sarebbe consumato alle 7.30 circa di stamattina, in contrada Safarello. Gli uomini in divisa, avvisati dalla moglie di Tardino, si erano messi subito alla ricerca dell'uomo, rintracciandolo tuttavia solo dopo che quest'ultimo si era già sparato alla testa. Il sindaco di Licata, Pino Galanti, ha proclamato per domani il lutto cittadino. Una storia che lascia sgomenti. Cinque vite distrutte per un misero pezzo di terra. Una violenza cieca, assurda e incontrollabile. Che non si è fermata nemmeno di fronte al sorriso innocente dei due nipoti adolescenti.