
Botte e torture contro la sorella perché non rispetta l'Islam: "Sei inutile, come una portatrice di handicap"

Una violenza cieca. Fondata sull'ignoranza, su un'interpretazione delirante dei dettami religiosi. E antitetica all'amore, allo spirito di solidarietà e di aiuto, che dovrebbe unire un fratello maggiore ad una sorella. Si è aperto venerdì 8 ottobre, presso il tribunale di Ancona, il processo nei confronti di un marocchino di ventinove anni, residente da oltre due decenni a Jesi, ridente cittadina delle Marche. L'uomo ha letteralmente rovinato la vita alla sorella, considerata indegna persino di respirare e non all'altezza dei principi previsti dal Corano. L'autentico inferno nel quale è piombata la ragazza ha avuto una data di inizio precisa, coincidente con la morte del padre. I fatti contestati si riferiscono ad un periodo di tempo che va dal 2013 al 2017, quando la ragazzina aveva appena quattordici anni.
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Mentre i familiari si trovavano al funerale dell'anziano genitore, il fratello ha schiaffeggiato l'adolescente, solo perché l'ha vista piangere. Un atto di pietà e di dolore considerati “disdicevoli per una buona musulmana”. Un autentico incubo, nel quale parole irripetibili, minacce continue e violenze fisiche erano all'ordine del giorno. Spesso degenerate in autentiche punizioni corporali, che secondo il ventinovenne avrebbe dovuto forgiare il carattere della sorella. Una volta il marocchino non si fermò neppure di fronte alle urla terrorizzate della minorenne, prese la lama di un coltello, la riscaldò al fuoco, rendendola così incandescente ed infine la usò su mani e gambe della sorella. Per marchiarla, per farle capire che lei non era un essere umano, ma solo una schiava devota ad Allah. Incalcolabili le volte in cui sono volate minacce di morte. Quattro anni vissuti nel terrore per una parola di troppo, uno sguardo sbagliato. “Dovresti essere trattata come una portatrice di handicap, sei inutile, non vali niente”. Un giorno la vide insieme ad un compagno di classe. Disse all'amico di andarsene, altrimenti lo avrebbe ucciso. Poi trascinò la sorella per i capelli fino a casa. Qui la picchiò selvaggiamente. Il marocchino la controllava quotidianamente, perché non voleva che si vestisse all'occidentale.
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Un giorno le aprì lo zaino e le trovò delle cartine e del tabacco. Schiaffi, cazzotti e sputi in faccia, che si trasformano nella seconda marchiatura a ferro e a fuoco (stavolta con un cucchiaio da cucina), quando fu scoperto un pacchetto di sigarette nel giubbotto. Il tutto di fronte alla madre, che non ha mai ritenuto opportuno intervenire. Dopo anni di vessazioni, la minorenne ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino, che ora dovrà rispondere del reato di maltrattamenti in famiglia. Una storia orrenda. Che ha come protagonisti l'ignoranza, l'indifferenza e la violenza. E come vittima una giovane ragazza, che voleva solo vivere all'occidente.
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