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Truffa phishing bancario, sette arresti: svuotavano i conti correnti

Christian Campigli
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Una truffa tanto semplice quanto efficace. Perpetrata attraverso l'invio di comuni email e di banali sms. Comunicazioni digitali con le quali venivano chiesti i codici di accesso ai conti correnti. Ottenuti quei dati, svuotare i depositi era un gioco da ragazzi. Con le prime luci dell'alba è scattata un'operazione condotta dagli agenti della polizia postale di Napoli, del commissariato di Torre del Greco e della polizia giudiziaria contro il phishing bancario. Gli uomini in divisa hanno arrestato sette persone, ritenute responsabili di truffe finanziarie online, che venivano poi monetizzate agli sportelli bancomat degli istituti di credito.

L'indagine è scattata dopo l'acquisto di un prezioso collier d'oro con pietre preziose. Un oggetto troppo costoso rispetto al reddito dichiarato da uno dei sette truffatori. Un errore che ha messo la pulce nell'orecchio agli investigatori, che dopo mesi di intercettazioni e pedinamenti sono riusciti ad arrivare a dama e a sgominare una banda davvero ben organizzata. Il gruppo di malviventi individuava una serie di persone, soprattutto anziane, e mandava loro email o sms facendosi credere dei dipendenti della propria filiale. Come spiega in una nota il procuratore di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso, la frode è risultata particolarmente subdola in quanto le telefonate alle vittime "sembravano arrivare dal numero della propria banca. I truffatori si fingevano degli operatori della banca e chiamavano l'ignaro correntista, che era convinto di trovarsi in un ambiente favorevole, nella cosiddetta comfort zone, dove il livello di allerta è più basso". Per almeno novantadue volte sono stati prosciugati i conti correnti di vittime ignare di quello che stava accadendo. Il gip ha predisposto anche il sequestro di novantasettemila euro, una cifra che rappresenterebbe solo una parte dei soldi incassati con il “trucco” dei messaggini, inviati a correntisti risiedenti in numerose città italiane.

I denari delle truffe venivano usati per condurre “la bella vita”: cene, serate in discoteche e bottiglie di champagne di altissima qualità. Una parte di quei soldi erano invece usati per acquistare bitcoin (la più famosa tra le cosiddette cripto valute). In realtà le novantadue truffe accertate rappresentano un numero destinato, secondo la tesi accusatoria, a salire notevolmente. La procura è convinta che i colpi messi a segno siano almeno il doppio e ha deciso così di trasferire gli atti relativi ad altri episodi, per i quali si è dichiarata incompetente, agli uffici inquirenti di Napoli e Roma. Quando gli inquirenti hanno dato il via alla perquisizione del primo indagato, l'uomo che aveva cioè acquistato il vistoso (e costoso) collier in diamanti, ha trovato nel suo appartamento un telefono cellulare, dal quale è stato possibile raccogliere i primi elementi indiziari. Il denaro  veniva parcheggiato momentaneamente su altri conti correnti dai quali, in un breve lasso di tempo, venivano effettuati acquisti. Un reato subdolo e infido, portato avanti contro soggetti deboli e anziani, che talvolta, dalla vergogna, non hanno neppure denunciato il torto subito. E tutto ciò solo per fare “la bella vita”.