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"Covarelli vittima di usura ed estorsione"

Alessandra Borghi
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Usura ed estorsione ai danni di Leonardo Covarelli. L'ex patron di Pisa e Perugia Calcio è parte offesa in una vicenda giudiziaria che coinvolge cinque persone. Così figura nell'avviso di conclusione delle indagini notificato a tre imprenditori, due operanti in Umbria e uno al Nord, e a due albanesi. Diverse le condotte ipotizzate a loro carico: per gli uomini d'affari il pm Paolo Abbritti parla di concorso in usura, mentre uno solo di questi (quello del Nord), insieme agli stranieri (e peraltro subendo a sua volta pressioni da uno di questi), avrebbe fatto ricorso a minacce estorsive per il recupero di soldi prestati. Quattro le operazioni finite sotto la lente della magistratura, quattro casi in cui a un Covarelli in cerca di liquidità i soldi sarebbero stati accordati ma - dice l'avviso di conclusione delle indagini - con applicazione di “interessi usurari”. Ogni volta, a garanzia della restituzione del valore del prestito e degli interessi, il debitore avrebbe consegnato assegni. E quelli ricostruiti dalla procura sono tassi di gran lunga superiori al tasso soglia. Ad esempio, nell'unica operazione in cui tutti e tre gli imprenditori avrebbero avuto un ruolo (nel 2011), a fronte di un prestito di 20mila euro sarebbero stati pattuiti 14mila euro di interessi, con un tasso di oltre il 300 per cento, e ulteriori interessi sempre ricostruiti come usurari dalla procura. Per un prestito più ingente, 40mila euro da parte dell'imprenditore del Nord, Covarelli si sarebbe impegnato a pagare 16mila euro di interessi. Ma in questa storia ci sarebbe un altro presunto aspetto oscuro. Ed ecco saltar fuori i due uomini dell'Est Europa, che, in concorso con l'imprenditore del Nord, avrebbero posto in essere minacce estorsive. Uno degli albanesi, in particolare, avrebbe fatto pressioni sull'imprenditore affinché inducesse Covarelli a saldare. Così l'imprenditore gli avrebbe detto che il denaro era di due albanesi inclini a metodi spicci e che doveva sbrigarsi a pagare per evitare qualche guaio. In un incontro con gli stranieri in un hotel, sarebbe anche stato messo in chiaro che doveva pagare il doppio per chiudere il debito da 40mila euro (cioè 80mila). Covarelli avrebbe eseguito diversi bonifici senza tuttavia riuscire a estinguere il debito. Gli indagati hanno ancora tempo per presentare memorie, documentazione o chiedere di essere sentiti per convincere la procura della loro estraneità ai fatti. La difese nel corso delle indagini hanno offerto un'altra versione. In particolare, i due imprenditori operanti in Umbria, difesi dall'avvocato Fernanda Cherubini, sono pronti a ribadire la piena legittimità delle attività poste in essere: gli assegni sarebbero stati il corrispettivo di lavori edili da effettuare su immobili di Covarelli (per cui sarebbero state emesse anche regolari fatture), né - sostengono - ci sarebbe prova della pretesa di interessi usurari.