
Uccise il figlio, scarcerata dopo 15 mesi

Dopo soli 15 mesi dietro le sbarre Giorgia Guglielmi, la ragazza ternana di 28 anni condannata per l'omicidio del figlio neonato, è uscita dal carcere di Capanne (Perugia) dove era reclusa dal 7 agosto del 2018. Nonostante la condanna a 16 anni di reclusione per l'episodio avvenuto in Umbria, il Tribunale della libertà di Perugia, accogliendo un'istanza degli avvocati Pressi e Biancifiori, le ha concesso i domiciliari da scontare nella comunità di recupero Linea Punto Verde Onlus di Morlupo, in provincia di Roma, dove è arrivata nel pomeriggio di mercoledì 6 novembre. La donna si è detta sorpresa per la decisione del giudice e desiderosa, nello stesso tempo, di iniziare un percorso di riabilitazione accanto ai suoi familiari e agli operatori della struttura. Ma i buoni propositi si scontrano con il ricordo di quella tragedia che è ancora vivo in città. Era il 2 agosto dello scorso anno quando il piccino fu trovato di notte nel parcheggio di un supermercato di Borgo Rivo, morto di stenti. La mamma lo lasciò, subito dopo il parto, chiuso in una busta di plastica, provocandone l'asfissia e segnando per sempre il suo destino. Una morte atroce, sopraggiunta dopo alcune ore di agonia. “E' uno schifo - commenta a caldo Mbaresa Crroj, la sorella dell'ex compagno di Giorgia -. Eliano per me è come un figlio. E lui, come tutta la nostra famiglia, non può accettare una decisione del genere. Siamo delusi, offesi e indignati. A questo punto - prosegue - chiunque in Italia può macchiarsi dei crimini peggiori senza conseguenze. Quel bimbo poteva essere salvato. Ce ne saremmo occupati noi. Ma non ci è stato possibile. E poi dicono che in Italia i delinquenti sono gli stranieri”. Per quei fatti l'ex compagno di Giorgia, Eliano Rexhepi, si è costituito parte civile in giudizio e le ha chiesto un risarcimento di un milione, di cui è stata versata solo una minima parte. Il suo legale, l'avvocato Luca Leonardi, si dice sconcertato per una decisione che - afferma - “contraddice palesemente l'ultima sentenza di condanna, inflitta senza attenuanti. Per ora è andata così, ma sono certo che nei prossimi gradi di giudizio l'imputata dovrà fare i conti con tutte le sue responsabilità”. Intanto, secondo il Tribunale, presieduto dal giudice Narducci, “la richiesta di collocamento della donna in una struttura protetta è sufficientemente contenitiva”, ferma restando l'esigenza di “rimodulare nel nuovo contesto i rapporti tra la stessa, la figlia minore e la famiglia d'origine”. Giorgia Guglielmi, condannata lo scorso 23 ottobre in primo grado con l'abbreviato, ha sempre negato di aver voluto uccidere il figlio che abbandonò per strada appena nato, senza dargli scampo. “In estate - ricorda l'avvocato Alessio Pressi - avevo presentato un ricorso al gip di Terni per chiedere una misura alternativa al carcere in ragione dello stato di profonda prostrazione della mia assistita. Il reato contestato è riprovevole, ma la vicenda va inquadrata in un contesto ambientale di profondo degrado economico e sociale. Giorgia era abbandonata a se stessa, lasciata sola dal compagno per tutta la gravidanza. E con pochi spiccioli per tirare avanti. Senza contare che più volte si era lasciata andare ad atti di autolesionismo, manifestando i sintomi di patologie nervose e di una depressione, poi riconosciute da psicologi e psichiatri. Che però non l'hanno mai ritenuta socialmente pericolosa. In questo senso - osserva - la relazione dei servizi sociali di Terni è stata eloquente”. Dopo il rifiuto del gip, che sollevò il problema della gravità del reato contestato, l'avvocato Pressi ha proposto appello, presentando un dettagliato programma di recupero socio-riabilitativo, e il Tribunale della Libertà gli ha dato ragione. “Devo però sottolineare - afferma il legale - che a Terni tutte le associazioni e i centri in difesa delle donne a cui mi sono rivolto, hanno risposto in modo negativo o l'hanno tirata per le lunghe senza darmi una risposta. A differenza della comunità Linea Punto Verde Onlus che si è fatta carico della mia assistita anche se non potrà pagare la retta”. Lo conferma Sofia Moreira, responsabile dell'associazione che gestisce la struttura laziale. “Le nostre porte - afferma - sono sempre aperte a chi è in difficoltà. E sarà così anche per Giorgia. Con noi affronterà un programma di recupero che di certo la farà stare meglio”.