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Il terremoto e la fortuna

Leonardo Caponi

Jacopo Barbarito
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Ha fatto molto discutere la decisione (del Comune retto dal sindaco Alemanno? Del commissario straordinario?) di assegnare le prime venti casette di legno ai terremotati di Norcia con il sistema dell'estrazione a sorte. Un quarto circa delle famiglie aventi diritto potranno “subito” coronare la volontà di tornare “vicino” alla loro vecchia casa distrutta e alle loro attività, mentre le altre dovranno aspettare la consegna dei lotti successivi di abitazioni. In effetti elementi di discussione e di riflessione sulla decisione di affidare alla fortuna una decisione così importante e attesa per e da tante persone, ce ne sono molti. Il terremoto, il dramma dal quale le vittime dovranno (e non sarà cosa facile) riprendersi materialmente e moralmente, il loro, per quanto coraggio possano avere, presumibile scoramento attuale e l'attesa per tornare il prima possibile a qualcosa che li riavvicini alla vecchia normalità, non è roba che si può affidare al caso, alla stregua di quello che si fa in un gioco. Non era proprio possibile stabilire criteri obiettivi e trasparenti, comunemente discussi e condivisi (che ne so, l'ordine di presentazione delle domande, la presenza e il numero di anziani e bambini, l'età media e le condizioni psicofisiche del componenti dei nuclei familiari o altro ancora), stilare in base ad essi una graduatoria a punteggio e procedere, su questa base, alle assegnazioni? Perché non si è fatto? E perché non sarebbe possibile farlo per il futuro visto che, da quel che si capisce, la assegnazione degli altri prefabbricati sarà graduale nel tempo? Ora, col sistema prescelto, è possibile, se non probabile, che almeno alcune delle case siano state consegnate a nuclei familiari con “diritti” e bisogni inferiori ad altri. Ma dalla lotteria di Norcia giunge anche un altro segnale di carattere generale e per questo, se possibile, ancora più allarmante: l'abdicazione della politica e delle istituzioni. Forse appena dieci anni fa (non parliamo di tempi più lontani!) una scelta da ruota della fortuna come quella che è stata compiuta, non sarebbe stata fatta; nel terremoto del ‘97 nemmeno pensata. Oggi la sfiducia nelle istituzioni e nelle amministrazioni ha assunto un rilievo e una dimensione tali da essere introiettata dagli stessi protagonisti, cioè gli amministratori e i “politici”. Devono fare una scelta difficile? Sanno della diffidenza della gente nei loro confronti? Non vogliono “rogne” o presunte tali? E allora, ecco la trovata che toglie le castagne dal fuoco e, apparentemente, schiva e scarica le responsabilità. Ma, in questo modo, arbitro del governo diventa non la scelta giusta da compiere, ma il colpo di fortuna che può premiare qualcuno che lo merita di meno di altri o, come è ormai di moda che accada in tante decisioni della pubblica amministrazione e del governo nazionale, la “tecnica” e i tecnocrati che sostituiscono la consapevole volontà politica, riducono gli spazi delle Assemblee democraticamente elette e, generalmente, favoriscono le posizioni più forti e consolidate rispetto a quelle più deboli e indifese senza, peraltro, eliminare la corruzione. In questi mesi duri del terremoto si è molto parlato, in termini positivi, del “modello umbro” di ricostruzione dal sisma del ‘97. In effetti numerose furono le novità introdotte in termini di tecniche e procedure. Ma, forse, l'elemento caratterizzante più interessante e da ricordare è stata, la “gestione politica” della ricostruzione. Che vuol dire? Essa fu fondata su un ampio decentramento di poteri alle istituzionali locali, al contrario dell'accentramento che pare tornare ad affermarsi oggi. L'articolazione regionale e comunale consentì di sollecitare e affermare la partecipazione e il protagonismo degli stessi terremotati, che giunse a originali esperienze di autogestione e autorganizzazione che grande utilità ebbero tanto nella fase di emergenza quanto in quella dell'avvio della ricostruzione. Questo patrimonio rischia oggi di andare disperso e bisognerebbe evitarlo.