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L'abbraccio dei tifernati ad Alberto Burri a 100 anni dalla nascita

Anna Lia Sabelli Fioretti
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Il rosso e il nero, ma niente a che vedere con Stendhal. Sono i colori “guida” dell'arte di Alberto Burri nata nella prigione texana, i colori della guerra, del sangue, della morte, del dolore, colori che gli sono rimasti negli occhi e nel cuore anche quando, tornato a casa, ha preso a lavorare a pieno ritmo con la materia. Proprio il rosso e il nero sono stati scelti per segnare il breve tracciato che dal Comune, dove giovedì 12 marzo nella sala del consiglio si è svolta la cerimonia ufficiale di apertura delle celebrazioni del centenario della nascita dell'artista tifernate, portava a cento metri di distanza alla sua casa in via del Palazzaccio: un tappeto nero steso sul selciato a indicare un percorso che si insinuava nei vicoli tra le mura dei palazzi “ridipinti” tutti color porpora grazie a speciali spot piazzati in posizione strategiche e alle luci fiammeggianti sistemate lungo il bordo del giardino pensile della sua dimora. Dove, sul muro di pietra, è stato proiettato un filmato del 1960 realizzato da Giovanni Carandente che ha riportato Burri a casa, al lavoro con la fiamma ossidrica, alle prese con il cellotex, mentre piega il ferro e lavora il legno, intinge il pennello nella vernice, come un fantasma che lì è nato e non ha nessuna voglia di lasciare i luoghi, le pietre, gli spazi che lo hanno visto pensare, operare, creare. GUARDA le foto Una cerimonia troppo scenografica? Forse. Comunque suggestiva che è molto piaciuta ai tifernati, con un lungo serpentone di oltre 300 persone, con in testa la governatrice Marini, il sindaco Bacchetta, Bruno Corà, presidente della Fondazione Albizzini, assessori e deputati umbri, diretti prima a casa Burri e poi all'interno del teatro degli Illuminati per assistere ad un concerto dell'ensemble Suono Giallo con musiche inedite dedicate ognuna a un'opera del maestro. Troppo piccola per la folla di persone richiamata dalle speciale ricorrenza la sala consiliare si è riempita subito al massimo della capienza lasciando fuori parecchie persone. GUARDA le foto Preceduti da un lungo applauso dedicato al ricordo del maestro si sono succeduti veloci interventi istituzionali, seguiti con grande attenzione da un pubblico silenzioso accorso per “celebrare un grande italiano che ci fa orgogliosi” come ha ricordato il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni “Un artista che ha aperto al mondo strade innovative. Una creatività che si è liberata nelle circostanze più drammatiche”. Burri aveva con Città di Castello e con l'Umbria un legame profondo. I suoi quadri venivano richiesti dai musei più prestigiosi del mondo e lui invece pensava a come far venire il mondo nella sua città “nella quale è riuscito a coniugare il passato e la contemporaneità con il coraggio dell'innovatore” ha precisato in una breve analisi Catiuscia Marini che ha anche sottolineato con forza il grande lavoro fatto dalla Fondazione. Cosa avrebbe apprezzato Burri di questa cerimonia? Non certo la celebrazione con ministri, onorevoli, politici, assessori, critici, lui così schivo che frequentava una ristretta cerchia di amici e solamente per parlare con loro di calcio e di caccia. E nemmeno le parole dette e scritte, lui ne diceva poche e ne ascoltava ancora meno. Le luci? Il tappeto? Il percorso coreografico? Il passaggio davanti alla casa, omaggio estremo al suo essere uomo e non solo artista? Nemmeno. Ma una cosa è certa: sarebbe stato felice di come, con grande affetto, stima e rispetto, lo ricordano oggi i suoi concittadini a venti anni dalla morte, consapevoli tutti del grande regalo che lui ha voluto a ogni costo fare alla sua città da dove non si è voluto muovere e dove ha fatto in modo che fossero conservate le sue opere più belle.