
Sette anni fa l'omicidio di Meredith Kercher

Meredith Susanna Cara Kercher era una splendida ragazza dagli occhi verdi. I venti anni li avrebbe compiuti a dicembre di quell'anno, il 2007. Agli inizi di settembre arrivò a Perugia, da Londra, per approfondire la conoscenza della lingua italiana. Studentessa dell'università di Leeds, aveva redatto una apprezzata tesina su Dante Alighieri e la scelta dell'Italia era stata consequenziale. Mai si sarebbe immaginata che stava vivendo i suoi ultimi giorni di vita e che nella cameretta di via della Pergola, che aveva preso in affitto e dalla quale ammirava un panorama che lei stessa, nelle lettere ai familiari, definiva “mozzafiato”, sarebbe stata orrendamente sgozzata. Sono trascorsi sette anni da quell'agghiacciante 1 novembre. Lei riposa in una tomba del cimitero di Croydon, alla periferia di Londra; i “presunti” (tali restano fino all'ultima sentenza della Cassazione) responsabili della sua morte - la statunitense Amanda Knox, sua coetanea e Raffaele Sollecito, di tre anni più grande -, sono stati condannati (oltre quattro anni trascorsi in cella), quindi assolti, di nuovo condannati (a Firenze). Ora attendono la fissazione dell'ultima udienza davanti ai giudici della Suprema Corte. Rudy Guede, l'ivoriano classe 1986, unico condannato ad una pena definitiva, sta attendendo, nel carcere di Viterbo, il ritorno alla libertà, che pare imminente. Anche il panorama di via della Pergola é mutato: una frana, proprio a pochi metri dal cascinale del delitto, ha bloccato il traffico automobilistico. Meredith (Mez, per familiari e amici) la notte prima di morire era stata felice, molto felice. Con le sue amiche inglesi si era mascherata per festeggiare Halloween ed aveva girato per i pub e le discoteche del centro storico. Si era scelta una maschera da vampiro. Sul lato sinistro della bocca, si era disegnato un filo di sangue col rossetto. Appariva così contenta che appena tornata a casa, quasi all'alba, prima di mettersi a dormire, stanca come era, aveva comunque voluto postare su Facebook le foto scattate quella notte per farle vedere ai congiunti e agli amici londinesi. Si era svegliata nel primo pomeriggio, Mez. Un frettoloso colloquio telefonico con suo padre (che stava facendo una commissione in banca, a Londra), un incontro fugace con Amanda e Raffaele, che si stavano preparando un piatto di spaghetti e via dalle sue sette amiche inglesi che l'aspettavano in via Boncampi. Un film, chiacchiere e risate, qualcosa da mangiare (anche un dolcetto) e poi di nuovo a casa, in compagnia di una connazionale. L'ultima a vederla viva, poco dopo le venti. La morte, chiunque l'abbia uccisa, la ghermí tra le 21 e le 23. Il suo cadavere, nudo e coperto da una trapunta, venne trovato pochi minuti prima delle 14 del 2 novembre, dai poliziotti e dagli amici (tra i quali anche Amanda e Raffaele), nella stanzetta, chiusa a chiave (mai ritrovata) e macchiata di sangue, persino sulle pareti e sui mobili. Il tempo divora tutto. Ma l'immagine di quella povera, sfortunata studentessa, resta ancora indelebile nei cuori.